Ricostruzione del seno con protesi - dott. Mauro Schiavon - Dott. Mauro Schiavon

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DOTT. MAURO SCHIAVON
Specialista in Chirurgia Plastica, Ricostruttiva ed Estetica
Specialista in Chirurgia della Mano
RICOSTRUZIONE DELLA MAMMELLA CON PROTESI
RICOSTRUZIONE MEDIANTE UTILIZZO DI ESPANSORE E PROTESI
MODALITA’ DI ESECUZIONE DELL’INTERVENTO
L’intervento di ricostruzione mammaria comunemente più eseguito è la ricostruzione della mammella asportata con una protesi di forma e dimensioni adeguate.
Nel caso di una mastectomia con asportazione di cute massiva e del Complesso Areola-Capezzolo (CAC) non vi è tessuto sufficiente per la soddisfacente ricostruzione e, pertanto, la ricostruzione avviene generalmente in due distinti interventi maggiori e uno ambulatoriale per la ricostruzione del Complesso Areola-Capezzolo (CAC).
Nel primo intervento, contestualmente alla mastectomia, la protesi mammaria provvisoria (espansore) viene posta al di sotto del muscolo Grande Pettorale, tra questo e la parete toracica. In taluni casi, per completare lateralmente la copertura muscolare dell’espansore si solleva parte del muscolo Serrato Anteriore o della sua fascia e lo si sutura al Grande Pettorale. La protesi è così separata dal sottocute da un completo piano muscolare.

UTILIZZO DI UN ESPANSORE MAMMARIO
L’espansore consiste in una protesi speciale, di uso temporaneo, che viene inserita vuota. Essa viene riempito di soluzione fisiologica nel corso delle settimane che seguono (generalmente nell’arco di alcuni mesi) attraverso una valvola posta sulla superficie dell’espansore. Generalmente il riempimento viene eseguito una volta la settimana. Questo provoca una distensione dei tessuti e la creazione di uno spazio sufficiente ad accogliere la protesi.
Durante il periodo di gonfiamento dell’espansore, soprattutto nelle 24-48 ore successive all’inserimento di soluzione fisiologica, potranno essere avvertiti “fastidi” o dolori veri e propri, controllabili, solitamente, con normali analgesici.
Durante i primi riempimenti, spesso si procede a drenare quantità di siero decrescenti attraverso il sito di gonfiaggio, rimanendo al di sopra della valvola, nella tasca sottocutanea. In tale spazio, dopo la rimozione del drenaggio, può accumularsi del siero che può comportare senso di fastidio, tensione, calore e febbre.
Quando il volume dell’espansore sarà giudicato sufficiente e dopo un ulteriore periodo di “adattamento dei tessuti” (generalmente almeno cinque-sei mesi dopo il termine del gonfiamento), l’espansore verrà rimosso e sostituito con la protesi definitiva nel corso di un altro intervento chirurgico.
Generalmente in questo nuovo intervento viene rimossa la cicatrice del precedente intervento di mastectomia e attraverso questa via si sostituisce l’espansore con la protesi “definitiva”, dopo aver eseguito una capsulectomia (l’asportazione completa della capsula) o una capsulotomia (la sola incisione della capsula senza asportazione).

METODICHE RICOSTRUTTIVE CHE PREVEDONO L’USO DI MATERIALE PROTESICO E MEMBRANE DI SOSTEGNO
Qualora la mastectomia permetta la conservazione del CAC e le condizioni anatomiche della mammella lo consentano, si può ricorrere ad una ricostruzione immediata con protesi in silicone e Membrana Biologica o Sintetica ADM (bypassando la fase dell’espansore). Tali presidi, di origine animale (derma bovino, suino, pericardio equino, etc) o artificiale (reti in polipropilene) si utilizzano per sostenere e proteggere la protesi nei quadranti inferiori della mammella.
In sostanza, dopo la mastectomia con conservazione del CAC, possiamo ricostruire direttamente la mammella procedendo a disinserire il muscolo pettorale lungo le inserzioni costali e sternali inferiori ed interponendo tra margine libero del muscolo stesso ed il solco sottomammario una di queste membrane (Fig.1).

L'interveno di ricostruzione comunemente più eseguito con l'utilizzo di protesi adeguate
Fig.1 - Posizionamento della membrana (ADM) dal margine inferiore del muscolo gran pettorale alla parete toracica a guisa di “amaca”

All’interno di questo spazio viene inserita una protesi di forma e volume adeguati alla mammella controlaterale. La paziente in questo caso uscirà dalla sala operatoria con la mammella ricostruita in un unico intervento.
In alcune pazienti, che presentino caratteristiche anatomiche particolarmente idonee, è possibile una ricostruzione immediata senza il sollevamento del muscolo gran pettorale, rivestendo interamente la protesi con una particolare membrana biologica. In questo caso la protesi viene posta davanti al muscolo grande pettorale (Fig.2) con alcuni vantaggi rispetto alla metodica tradizionale che prevede il posizionamento della protesi dietro il muscolo pettorale.


Fig.2 - Posizionamento della membrana a rivestire completamente la protesi mammaria come un “raviolo”

Le ricostruzioni immediate con protesi, possono non essere fattibili qualora il tessuto retroareolare, esaminato al microscopio durante l’intervento, risultasse positivo per un infiltrato neoplastico o quando la vascolarizzazione del CAC non desse sufficienti garanzie. Pertanto in tale occasione si dovrà ricorrere ad un altro tipo di ricostruzione (generalmente utilizzando un espansore).
La mastectomia con risparmio di capezzolo è maggiormente esposta a complicanze come la necrosi del CAC la cui vascolarizzazione avviene solamente attraverso il sottile tessuto che residua dopo la mastectomia. Qualora questo evento si verificasse, si renderebbe necessaria la rimozione di tutti gli impianti, ricorrendo a ricostruzioni alternative.
Altro tipo di complicazione legata alle membrane è il perdurare della sierosità a lungo. Questo comporta lunghi periodi di mantenimento del drenaggio in sede.

METODICHE RICOSTRUTTIVE CHE PREVEDONO L’ USO DI MATERIALE PROTESICO E LA RIDUZIONE DELLE DIMENSIONI DELLA MAMMELLA: “MASTECTOMIA CON RIDUZIONE DI CUTE”
In casi selezionati ed in presenza di mammelle di grandi dimensioni e/o ptosiche si può ricorrere alla ricostruzione con protesi mammaria immediata, riducendo la quantità di cute della mammella ed utilizzando un lembo dermoadiposo come sostegno della protesi fra il margine libero del muscolo pettorale e solco sottomammario.
Il volume mammario in eccesso sarà rimosso attraverso incisioni che lasciano una cicatrice a “T invertita simile a quelle della mastoplastica riduttiva. Il complesso areola capezzolo potrà essere riposizionato oppure innestato qualora la sua distanza dal giugulo fosse eccessiva. In questi casi è quasi sempre necessario un intervento di simmetrizzazione della mammella controlaterale.



ANESTESIA PER L'INTERVENTO DI RICOSTRUZIONE MAMMARIA
L'intervento di inserimento dell’espansore e di sostituzione di questo con la protesi definitiva o direttamente l’inserimento di una protesi definitiva, vengono eseguiti in anestesia generale. A questo proposito avrà luogo uno specifico colloquio con il Medico Anestesista.

DURATA DELL’INTERVENTO DI RICOSTRUZIONE
L’inserimento dell’espansore mammario dura circa 45-60 minuti. La sua sostituzione con una protesi definitiva dura circa 90 minuti se non si deve modificare la mammella controlaterale (aumentarla o ridurla o rimodellarla). Se si interviene anche sull’altra mammella la durata complessiva sarà di circa due-tre ore. L’inserimento di una protesi con una membrana (ADM) dura circa 90/120 minuti.

INDICAZIONI ALL’INTERVENTO RICOSTRUTTIVO CON PROTESI
Sono i casi in cui i tessuti residui nell’area mammaria siano sufficientemente trofici e abbondanti e sia presente, e innervato, il muscolo Grande Pettorale.

CONTROINDICAZIONI ALL’INTERVENTO DI RICOSTRUZIONE MAMMARIA
Nei soggetti sottoposti a mastectomia che preveda la denervazione o l’asportazione del muscolo Grande Pettorale (mastectomia secondo Halsted); soggetti sottoposti o da sottoporre a radioterapia; soggetti molto magri oppure obesi con mammelle molto voluminose.

DECORSO POST-OPERATORIO
Nel periodo post-operatorio potrà essere avvertito in regione pettorale un certo dolore, controllabile con comuni analgesici, che regredirà nel giro di pochi giorni. I drenaggi aspirativi vengono solitamente rimossi quando la quantità di liquido drenato nelle 24 ore sarà inferiore ai 30-40 cc.
Dovrà essere indossato un apposito reggiseno prescritto dal Chirurgo che dovrà essere acquistato prima del ricovero in ospedale. Esso sarà utilizzato giorno e notte per circa 45 giorni e sarà corredato a volte da una fascia elastica contenitiva allo scopo di mantenere posizionate le protesi nella sede opportuna. Per alcuni giorni dopo l’intervento può rendersi necessaria la prosecuzione della terapia antibiotica.
Per la prevenzione dell’embolia polmonare viene solitamente prescritta una profilassi con eparine a basso peso molecolare che solitamente inizia subito dopo l’intervento e viene proseguita per 3-4 settimane. La dimissione avviene generalmente al momento della rimozione dei drenaggi.
Per i primi tre-quattro giorni post-operatori è raccomandato il riposo, con particolare attenzione a non utilizzare i muscoli pettorali (ad esempio non forzare sulle braccia per alzarsi dal letto, non sollevare pesi). A letto è bene riposare con il busto rialzato. Dovrà inoltre essere evitato il fumo: colpi di tosse in questo periodo potrebbero indurre sanguinamenti a livello delle parti operate.
Per la prima settimana dovrà essere evitata la guida di veicoli. I punti di sutura verranno rimossi 7-10 giorni dopo l'intervento. La prima doccia di pulizia completa potrà essere praticata solo dopo tale periodo. Per le prime 2 settimane dovranno essere evitati ampi movimenti con le braccia, il sollevamento di pesi e l'attività sessuale, che potrà essere ripresa con cautela dopo tale periodo. Per circa 2 mesi deve essere evitata l’attività fisica.

PRECAUZIONI
Dopo la rimozione dei punti potrà essere ripresa l'attività lavorativa. Per almeno due mesi dovrà essere evitato ogni tipo di attività sportiva e l'esposizione diretta al sole o ad eccessive fonti di calore (es. sauna, lettino abbronzante, ecc). Durante tale periodo, inoltre, dovrà essere evitata la posizione prona ("a pancia in giù").
Si raccomanda di segnalare sempre la presenza di protesi all’atto della mammografia. Si ricorda l’importanza di conservare e di esibire ad ogni visita di controllo il documento identificativo delle protesi.

POSSIBILI COMPLICAZIONI
Qualsiasi procedura chirurgica, per quanto di modesta entità ed eseguita su pazienti in buone condizioni generali, comporta la non prevedibile possibilità di complicazioni. Al pari di ogni altro tipo di intervento chirurgico la ricostruzione mammaria può dare luogo a complicazioni sia anestesiologiche (che verranno discusse durante il colloquio con il Medico Anestesista) che chirurgiche. Queste, a loro volta, possono essere distinte in complicazioni generali e complicazioni specifiche.
Complicazioni Generali: statisticamente si può affermare che in persone in buone condizioni generali, i cui esami clinici pre-operatori non dimostrino alterazioni significative, l'insorgenza di complicazioni gravi o gravissime è rara. Tra queste complicanze gravi ricordiamo la trombosi venosa profonda e l’embolia polmonare che ne può conseguire. L’incidenza di queste può aumentare nelle pazienti oncologiche e in quelle in trattamento chemioterapico.
Fra le complicazioni di carattere generale sono da ricordare l’ematoma, il sieroma, l’infezione, le necrosi cutanee, la riapertura spontanea della ferita. La formazione di ematomi, conseguente a sanguinamenti nella sede di impianto della protesi, può verificarsi nei primi giorni dopo l'intervento.
Si manifesta con repentini aumenti di volume e/o forti dolori localizzati ad una mammella che devono essere immediatamente segnalati al Chirurgo. In caso insorgano ematomi di una certa entità, infatti, è necessario provvedere all’aspirazione o al drenaggio del sangue. Se ciò non fosse sufficiente, sarà necessario un intervento chirurgico per rimuovere la protesi e reinserirla dopo aver fermato il sanguinamento.
La formazione di sieromi consiste nell’accumulo, attorno alla protesi, di variabili quantità di liquido giallognolo e trasparente, chiamato “siero”. Raccolte di modesta entità si riassorbono spontaneamente, mentre raccolte più cospicue possono richiedere l’evacuazione chirurgica, come sopra specificato a proposito degli ematomi.
Le infezioni sono rare, ma se non dominabili con gli antibiotici possono rendere necessaria, seppure molto raramente, la rimozione delle protesi e l'attesa di alcuni mesi prima del loro re-inserimento. Le necrosi cutanee sono rare e vengono trattate inizialmente in modo conservativo e successivamente, se necessario, con trattamento chirurgico.
Se la necrosi comporta l’esposizione della protesi o dell’espansore, questi andranno rimossi e dovrà essere rispettato un periodo di alcuni mesi prima di poter procedere ad un nuovo intervento ricostruttivo. La riapertura spontanea della ferita (deiscenza), rara, nei casi più gravi può comportare l’esposizione della protesi (vedi sotto).
Complicazioni Specifiche: si segnalano la formazione della capsula periprotesica (contrattura capsulare), la rottura della protesi, lo spostamento della stessa (dislocazione e/o rotazione), l’esposizione della protesi, le alterazioni della sensibilità della pelle.
In una certa percentuale di casi (circa il 20% dai dati di letteratura), in genere alcuni mesi dopo l'intervento, ma, sebbene più raramente, anche a distanza di anni, si verifica la formazione di una capsula peri-protesica di maggiore consistenza rispetto al normale.
La protesi mammaria rappresenta un corpo estraneo, al pari di una valvola cardiaca artificiale, di una protesi d’anca, ecc; è naturale che l’organismo reagisca circondando la protesi con una membrana connettivale (capsula peri-protesica), per separarla dai tessuti circostanti.
Nella maggior parte dei casi la mammella con protesi rimane abbastanza morbida. In alcuni casi invece, a causa di una reazione eccessiva dei tessuti, la capsula periprotesica subisce un progressivo ispessimento e si contrae. Tale evenienza (retrazione della capsula peri-protesica) può indurre una fastidiosa sensazione di tensione dolorosa e talora un'alterazione della forma della mammella; può altresì verificarsi lo spostamento laterale o verso l'alto della protesi con una conseguente asimmetria mammaria.
Con utilizzo di protesi dotate di una superficie ruvida (“testurizzata”) il rischio di retrazione della capsula è diminuito rispetto al passato ma tuttora presente nelle percentuali segnalate. Anche l’utilizzo di protesi rivestite da Poliuretano sembra ridurre il rischio di contrattura capsulare in percentuale difficile da valutare per la mancanza di studi su vaste casistiche in chirurgia ricostruttiva.
Qualora la retrazione della capsula peri-protesica sia di grado marcato, può essere opportuno procedere con un intervento correttivo consistente nella sua incisione o asportazione. A volte, nonostante tale intervento correttivo, la contrazione della capsula può verificarsi nuovamente.
Per il formarsi della capsula peri-protesica può divenire evidente, soprattutto nelle pazienti magre, il fenomeno del “wrinkling” che consiste nella visibilità di “ondulazioni” della superficie della mammella in quanto i tessuti superficiali aderiscono alla protesi e ne seguono le depressioni dovute a minore riempimento soprattutto della parte superiore.
Una complicanza rara è la rottura della protesi, che può verificarsi in occasione di forti traumi locali (ad esempio le contusioni toraciche contro il volante o da cintura di sicurezza in corso di incidenti automobilistici), ma, raramente, anche spontaneamente, senza trauma importante apparente.
Il rilievo di variazioni della forma o della consistenza della mammella dovranno quindi indurre la paziente a consultare il Chirurgo. Qualora il sospetto di rottura venga confermato dall'esame ecografico e/o dalla risonanza magnetica nucleare, sarà necessario procedere alla rimozione della protesi ed all’eventuale sostituzione. Con il passare degli anni la membrane esterna della protesi si assottiglia e la rottura diviene più probabile dopo i 10-15 anni.
Lo spostamento della protesi (dislocazione e/o rotazione) avviene raramente e può verificarsi precocemente ma anche a distanza di tempo; può indurre asimmetrie più o meno evidenti, che possono non pregiudicare il buon risultato estetico d’insieme oppure provocare un’asimmetria evidente. In questo caso, può essere opportuno un intervento correttivo qualora manovre di riposizionamento non abbiano dato buon esito. Alcuni tipi di protesi, come quelle rivestite di poliuretano, sono meno soggette alla dislocazione.
L’esposizione della protesi o dell’espansore è un evento raro che si può verificare in seguito ad infezioni, a necrosi cutanee (morte di una parte di tessuto di copertura) o alla diastasi (apertura spontanea) della ferita. In tale caso è necessario rimuovere la protesi ed attendere almeno sei mesi prima di un nuovo inserimento.
La sensibilità della pelle potrà rimanere alterata (diminuzione o perdita della sensibilità, formicolii) per un periodo di settimane o di alcuni mesi; assai di rado in modo permanente.

CICATRICI ED ALTRE SEQUELE
Per la ricostruzione si utilizzano le stesse vie di accesso della mastectomia. Quindi, salvo rare eccezioni, non vengono praticate incisioni supplementari e di conseguenza non vi saranno cicatrici oltre quelle derivanti dalla mastectomia. La qualità delle cicatrici varia con il passare dei mesi e dipende in gran parte dalla reattività cutanea individuale. Generalmente la loro visibilità diminuisce con il tempo.
Peraltro, talune pazienti, a causa di una eccessiva reattività cutanea, possono sviluppare cicatrici arrossate o rilevate e perciò facilmente visibili, che durano diversi mesi o sono permanenti (cicatrici ipertrofiche) o cicatrici “allargate” di colore normale (cicatrici ipotrofiche). Si tratta di un'evenienza non prevedibile, seppure di raro riscontro. Cicatrici inestetiche e di cattiva qualità possono essere corrette con trattamento medico o con un intervento dopo un congruo periodo di tempo (6-12 mesi dall'intervento).
Oltre che a livello della cute, tessuto cicatriziale è presente anche nei piani profondi e può determinare, in alcuni casi, deformità della mammella difficilmente correggibili. In casi di particolare predisposizione individuale le cicatrici si estendono oltre i limiti dell’incisione chirurgica (cheloidi) e rappresentano un processo patologico di difficile trattamento.
Non raramente, a distanza di alcune settimane o alcuni mesi dall’impianto retro pettorale delle protesi, può rendersi evidente, durante la contrazione dei muscoli pettorali, un’alterazione della forma delle mammelle (deformità dinamica) per aderenza della capsula periprotesica al muscolo pettorale.
Le mammelle non sono mai perfettamente simmetriche, e pertanto un’asimmetria tra le due mammelle dopo mastectomia e ricostruzione non è da escludere. Tale situazione può dipendere dalle sfavorevoli condizioni anatomiche/vascolari conseguenti alle precedenti chirurgie, e a volte può essere suscettibile di miglioramento con piccoli interventi successivi in anestesia locale.
E’ opportuno in questa sede segnalare che la letteratura scientifica dimostra chiaramente che è molto probabile che, nel corso della vita, la paziente portatrice di una ricostruzione mammaria protesica debba andare incontro a più interventi di revisione della ricostruzione stessa. Le cause possono essere le più varie: contratture capsulari, dislocazioni, alterazioni del profilo protesico.

METODICHE RICOSTRUTTIVE CHE PREVEDONO UN APPORTO DI TESSUTO NELL’AREA MAMMARIA E USO DI MATERIALE PROTESICO
 
Nel caso in cui i tessuti dell’area mammaria non siano idonei, o per quantità o per qualità (danno ai tessuti da radiazioni) ad essere usati per ricevere una protesi o ad essere espansi, si può ricorrere all’apporto di tessuto sano da aree limitrofe. Il lembo più frequentemente impiegato in questo caso è il lembo muscolo-cutaneo di Grande Dorsale.


Questo muscolo assieme ad una losanga di cute dal dorso viene sollevato dalla sua sede anatomica, situata sul dorso in corrispondenza della regione scapolare, e viene ruotato anteriormente nell’area mammaria ad integrare o sostituire il tessuto lì presente per permettere l’introduzione di un espansore e/o di una protesi.
Altri lembi fascio-cutanei (lembo di Holmström) o adipo-cutanei (lembo di scorrimento dei tessuti addominali), possono essere sollevati dalle zone limitrofe a quella mammaria. Sotto i predetti lembi sono introdotte protesi o, più frequentemente, espansori mammari.
A volte queste procedure sono impiegate proprio allo scopo di poter disporre di tessuto abbondante che permetta l’uso immediato di una protesi definitiva, evitando la fase di espansione e il secondo atto chirurgico della sua sostituzione.
Lo svantaggio principale di queste metodiche è rappresentato dagli esiti cicatriziali secondari al prelievo del lembo che possono lasciare cicatrici difficili da mascherare.
A cura del dott. Mauro Schiavon, chirurgo plastico ed estetico
Opera a Udine presso il Policlinico "Città di Udine"
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